mercoledì 16 maggio 2012

lettere dal terremoto

LETTERE DAL TERREMOTO


«GENTE PER STRADA, IN LACRIME» - Uno studente dell'università dell'Aquila, che divide un appartamento con degli amici, parla di una situazione «allucinante». «Domenica sera c'erano state due scosse, una verso le 22.30, un'altra verso l'1.20 ma la situazione sembrava tranquilla. Siamo andati a dormire, poi alle 3.32 una scossa fortissima: sono iniziati a cadere dei quadri e la roba che stava sugli scaffali, la televisione tremava. È durata 15-20 secondi - racconta -. Ho accertato che in casa stessimo tutti bene, poi, siamo usciti dall'appartamento. Per le scale c'era fumo, nebbia, erano caduti calcinacci, vetri, la gente era in strada, molti in maglietta e pigiama nonostante il freddo perché avevano lasciato di corsa la casa». «Lungo la strada per arrivare al centro - prosegue - ci siamo accorti che c'erano case venute completamente giù, palazzine a terra, e alcuni amici ci hanno detto che la Casa dello studente era in parte crollata: ci siamo preoccupati perché ci abitavano alcuni nostri amici, quindi, ci siamo diretti lì e c'era tanta gente in strada, in lacrime. Noi siamo stati fortunati, la casa dove abitavamo era una costruzione recente e ha retto. Comunque, vista la situazione, siamo tornati un attimo lì a prendere l'indispensabile e siamo partiti con l'auto di un mio amico per ritornare a casa. Per ora io e i miei amici abbiamo preferito rientrare a casa, la paura è stata tanta».

Grazie a Michele per aver pubblicato questa lettera. Vale più di qualsiasi filmato, intervista e servizio televisivo. E’ vero, si è fatto tanto e si sta continuando a fare, ma a volte quello di cui si ha veramente bisogno è trovare qualcuno che ascolti, che “senta” davvero il disagio, a cui magari raccontare o soltanto scrivere della paura nascosta o dell’angoscia di un ricordo. Questa lettera ha voluto superare tutti i confini per arrivare ad ognuno di noi, una richiesta che non ha bisogno di numeri verdi e/o linee per raccolta fondi. Una richiesta di complicità, di sostegno, di comprensione, di vicinanza concreta.


Il 6 aprile ero a l’Aquila, in centro a casa della mia ragazza; quando la terra ha incominciato a tremare, ho solo abbracciato Angela; dopo pochi secondi è iniziato a crollare il soffitto; finita l’interminabile scossa, la polvere rendeva impossibile la vista e complicava la respirazione; usciti di casa completamente bianchi dalla polvere abbiamo preso la macchina, era una delle poche a non aver subito danni, siamo andati in piazza aspettando la luce del giorno; alle sette a piedi siamo tornati in centro, illuminata dal sole la città appariva davanti ai miei occhi con tutta la sua tristezza e desolazione, in quegli istanti ti rendi conto di quanto sei  impotente…non siamo niente. Sono entrato in camera per recuperare delle cose e ho notato che a 30 cm dal letto dove dormivo c’era una poltrona completamente nascosta da pezzi di soffitto troppo grandi.
In questi giorni ho raccontato la mia storia a molta gente e tutti mi dicono che sono fortunato ad essere ancora vivo, ma io faccio fatica a pensarla così…quella notte ho perso quattro amici e parte di me. Da quella notte faccio fatica a dormire e a volte tremo anche se non c’è il terremoto (premetto che io non avevo paura del terremoto, nè prima nè dopo quella notte, e non ho paura ora che la terra continua a tremare, la paura non è un’ emozione che si può controllare, o c’è o non c’è, ma non possiamo farci condizionare troppo la vita da questo cazzo di terremoto) ma quando chiudo gli occhi o penso, rivedo delle scene che vorrei non aver mai visto e poi vedo i volti dei miei cari amici.  Maurizio.

Maurizio,
la tua sterminata lucidità e franchezza, l’aprire il tuo cuore per raccontarne il subbuglio, quel tuo “non siamo niente”, inducono a dedicarti un pensiero. Vorrei che ti giungesse anche il mio incoraggiamento e che insieme a quello degli altri, in qualche maniera, si potesse spezzare quel silenzio di cui ci parli e che tanto stai combattendo. Nell’attesa di continuare ad avere notizie tue e della realtà in cui vivi, ti prego di accettare questo mio semplice buonanotte. Con il cuore.
Caro direttore,

la vigilia di Natale la trascorrevamo nel tinello, che era il cuore della nostra casa di via 20 settembre 79. L’unica parte non travolta dal crollo. La sera del 24 Antonella ed Alessandra apparecchiavano la tavola e vi ponevano al centro rametti di pino ed agrifoglio illuminati dalla fiammella di una candelina rossa che ardeva per tutta la cena. In un angolo del tinello mia moglie Patrizia allestiva un grazioso presepe che a mezzanotte risplendeva per la presenza di Gesù bambino.  
Oggi, in quella stanza dalle pareti squarciate dal sisma, regna vento e neve. Sulla tavola, se è rimasta, dovrebbe esserci ancora qualche piccola traccia dell’ultima nostra cena insieme: chissà, forse la tovaglia o forse qualche piatto e qualche posata. Sola testimonianza di una famiglia che si amava e si ama e che la notte di Natale si raccoglieva attorno al presepe come ad una cattedra di vita da cui costantemente apprendeva che, unita nell’amore per il Signore, la famiglia è al centro della vita e della società e costituisce un naturale attrattore dell’amicizia sia degli angeli che dei pastori. Nell’umiltà, nella letizia, nel disagio.
Scrivo da un ospedale, dopo un delicato intervento chirurgico. So di non essere solo. Trascorrerò questo Natale, così come quelli che ancora il Signore mi concederà, con Patrizia, Antonella ed Alessandra che sono ora nella vera vita. A mezzanotte mi sussurreranno, come sempre: buon Natale papà.

Nessun commento:

Posta un commento